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Intervista | Le parole accanto: attraverso la poetica di Michela Zanarella

Aggiornamento: 26 nov 2019


Oggi abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con la poeta Michela Zanarella, che ha da poco pubblicato la raccolta Le parole accanto con Interno Poesia: una casa editrice nuova e dinamica che, a nostro avviso, sta compiendo un lavoro eccezionale per la poesia italiana. Michela non è certo alla sua prima esperienza poetica: ha già pubblicato Credo (2006), Risvegli (2008), Vita, infinito, paradisi (2009), Sensualità (2011), Meditazioni al femminile (2012), L’estetica dell’oltre (2013), Le identità del cielo (2013); in Romania è uscita in edizione bilingue la raccolta Imensele coincidente (2015); è inclusa anche nell’antologia Diramazioni urbane (2016), a cura di Anna Maria Curci. Ma forse in questa raccolta siamo di fronte a un passaggio importante per la poesia di Zanarella: il tentativo compiuto cioè, di mettersi in dialogo aperto con l’altro e assieme di comprendere attraverso il contributo dell’altro, la formazione di questo nuovo io lirico. Troverete il risultato di questo lavoro (in parte) nelle risposte di Michela: saranno affermazioni sintetiche, come del resto l’essenza della sua poesia.


A cura di Antonio Merola

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YAWP: "Buongiorno Michela, mi piacerebbe cominciare subito in medias res. Mentre leggevo Le parole accanto, la prima sensazione che mi ha trasmesso è stata quella della (tua) timidezza dell’io lirico. Provo a spiegarmi: Impara a custodire il tempo, che apre la raccolta, sembra da subito ricercare il dialogo con l’altro: «impara a custodire il tempo – mi dicevi», (v. 1). Altrove, quando prendi la parola direttamente come nella poesia Non ti ho detto mai, ecco che di nuovo segue: Raccontami. È come se, in qualche modo, volessi cedere la responsabilità dell’io poetico all’altro o insieme prendere coscienza, tramite la narrazione della storia dell’io personale, di tutto ciò (persone o cose) che nel tempo ha formato proprio quell’io per capire davvero quanto ci sia di effettivamente tuo. O mi sbaglio? MICHELA ZANARELLA: "La poesia è una magica comunicazione che risveglia la coscienza fantastica, nella quale l’interscambio di sensibili intendimenti rievocano situazioni arcane e mitologiche. La poesia è lo specchio delle anime, poiché non è solo il mio specchio, ma è anche lo specchio dei miei lettori, che riscontrano tratti familiari e vissuti anche dalle loro più intime esperienze. Non esistono remore morali per nascondersi dietro un velo, quando questo velo è squarciato dalla poesia contingente".


Y: "Le parole accanto sembra suggerire una possibilità per la poesia: o almeno, la possibilità che ha avuto per te. Una specie di comunanza, di sostegno tutto interiore, di camminare mano nella mano come una umanità singola. Del resto, la seconda sezione della raccolta, Ai poeti, sembra volere celebrare proprio questo: coloro che ti sono stati accanto, con la scrittura. Sempre da un punto di vista strutturale, il verso che apre la raccolta, citato nella prima domanda, richiama il verso di chiusura «svuotati di noi», (da Quanta luce). Che significato vuoi dare alla parola “accanto”?"

MZ.: "Accanto ha già di per sé un significato sacro e classico, è accanto alle case, ovvero agli involucri che contengono gli individui e nel contempo la loro spiritualità, che gli antichi greci ponevano a difesa della loro intimità religiosa quelle umili piante a foglia che hanno suggerito lo stile corinzio. Le parole accanto hanno un significato di parole sacre, inviolabili, a difesa delle più recondite vibrazioni emotive".


Y.: "Sui libri di scuola di solito seguiva sempre il capitolo dedicato ai modelli. Ma credo che i tuoi modelli poetici (e umani) siano tutti riportati con una sincerità che spaventa nella sezione loro dedicata. Vorrei quindi sceglierne solamente uno (per fare un piccolo dispetto agli studiosi): Jack Kerouac. Antonino Caponnetto nella postfazione ha definito la raccolta come «una poetica del ritorno». Se si pensa a Jack Kerouac, solitamente si pensa all’andare. Tu però gli dedichi la poesia Ti cerca ancora la solitudine messicana e sembri cogliere Kerouac diversamente (e in una modalità che a noi di YAWP è molto a cuore): come colui che è condannato per indole a tornare a casa. E sembra qualcosa che hai sentito tu stessa: nella poesia In lontananza scrivi che «ho scelto di andare»; ma poi in Vengo a respirare ti rispondi: «Ti sento radice che indossa le mie vene / meta che ho lasciato troppo presto / sperando di trovare altrove / il senso del mio canto». E potremmo andare avanti all’infinito (o quasi) con richiami di questo tipo: che valore dai al ritorno all’interno di Le parole accanto?"

MZ.: "Come diceva colei che fece conoscere gli autori americani al popolo europeo e in particolare a quello italiano, Fernanda Pivano, come ad esempio Jack Kerouac con il suo On the road, attraversare le strade e allontanarsi dal proprio paese è un tentativo di rimuovere le problematiche di disagio evolutivo alla ricerca di quell’equilibrio psicofisico che ci renderà creativi. Quindi percorrendo tutte le tappe e scavalcando i disagi qualche volta si ha il desiderio di ritornare a casa, così come Harold Pinter tratta l’argomento in Il ritorno a casa. Non dimentichiamo che Pier Paolo Pasolini si allontanò dalla sua Casarsa e dalla sua Bologna per venire a Roma; non dimentichiamo Alda Merini che dai suoi Navigli si allontanò per trasferirsi a Taranto. Così io ho sentito l’esigenza di allontanarmi, forse per la ricerca di una maturità attraverso la sofferenza dell’allontanamento. Questa situazione è l’ispirazione di alcune tematiche delle mie poesie, per cui intendo il ritorno come una tranquillità che va di nuovo conquistata ricordo su ricordo, affetti su affetti, nuvola dopo nuvola, nebbia dopo nebbia".

Y.: "In qualche modo quanto sto per chiederti è una conseguenza della precedente domanda, ma credo che vada a toccare da vicino anche la tua sfera personale. Nella raccolta sembrano emergere le figure del padre e della madre. La seconda è come se si spersonalizzasse in Vengo a respirare dove scrivi: «io che ti ho sentito madre troppo tardi / terra impastata nella nebbia». Una madre cioè (almeno questa è la mia sensazione) che coincide con la terra, in primis la campagna dove sei cresciuta (vd. Non posso dimenticare: «radice che confina col mio sangue»), ma che forse simbolicamente rimanda all’origine stessa dell’umanità. La figura paterna (o semplicemente maschile, altrove) è più umana, nel senso che viene sempre identificata come una persona: una persona di cui temi l’assenza (Quel buio alla porta), ma che al tempo stesso si fa maestro, colui che ti ha insegnato «a sciogliere le trame della vita». Guardare indietro, ritornare, significa anche guardare alla formazione di te stessa? Che cosa vogliono dire davvero queste figure?"

MZ.: "Non disconosco la forza formativa del nucleo familiare di appartenenza. Gli antichi valori appresi prima dai miei nonni in quella tranquillità intorno al camino e nei pascoli degli alpeggi. Poi la cura che i miei genitori hanno avuto per me, piccola, spesso bisognosa di cure mediche. Sono nata al settimo mese e da subito ho avuto bisogno di assistenza. Ricordo i tre mesi estivi passati ogni anno della mia infanzia in montagna dai miei nonni, ricordo gli insegnamenti della natura, la raccolta delle ciliegie, i cani che si avvicinavano per farsi accarezzare e che mi seguivano durante le passeggiate nel bosco. Sono stati momenti indimenticabili che hanno segnato profondamente la mia identità. La terra che vedevo lavorata dalla zappa di mio nonno, la sentivo come madre indiscussa della vita e già da piccola la paragonavo alla madre che avevo lasciato in quei tre mesi giù nel paese, dove abitavano i miei. Questo grande amore per mia madre è ancora più amplificato dalla distanza affettiva dovuta ai suoi silenzi, all’incomunicabilità che più di tutto ci ha reso estranee, ma nel contempo unite da un tacito affetto. È questo l’urlo poetico che imprimo nei miei versi tutte le volte che tratto la figura materna. Mio nonno e mio padre li ho sempre visti i saggi dispensieri di nozioni, informazioni e sentimenti che mi hanno forgiata alla vita".

Y.: "E va bene, non dovevo: ma voglio chiederti ancora di un altro poeta. In Basterebbe soltanto crederci scrivi: «Basterebbe soltanto crederci / a questo cielo / che si specchia nel mare / per sentirsi parte del mondo», che è un chiaro calco rimbaudiano («È ritrovata. / Che cosa? L’Eternità. / È il mare che si unisce / con il sole»). A lui dedichi L’ultimo canto; poi assieme, nella prima poesia sostituisci il sole con il cielo, ma il mare rimane. Questo rende esplicita in qualche modo l’influenza di Rimbaud: ma quanto leggerlo, ti ha aiutato (e forse ti ha portato) a tracciare questa contro storia della formazione del tuo io attraverso l’altro?"


MZ.: "Il rimando, il significato e il significante sono i passi della dissolvenza dell’essere che si fa mattino, giorno e notte. L’azzurro può essere cielo, ma anche mare, amare è amore, quello puro, quello che cerco nei miei versi e in me stessa. Sono gli elementi del cosmo a essere essenziali per Rimbaud e anch’io li considero fondamentali. È stato importante leggere le sue opere, in particolare Illuminations, allo stesso modo è importante studiare e conoscere i poeti che ci hanno preceduto. Credo sia necessario essere buoni lettori per avvicinarsi alla scrittura in versi".


Y.: "La strada di casa sembra una vera e propria dichiarazione di poetica: «Ed è amore oltre le vene / oltre la pelle / quello che ogni volta mi conduce / con forza di memorie / ad affollare la strada di casa / senza abbandonare il gergo familiare / dell’orizzonte». Voglio dire che hai deciso di utilizzare sempre un lessico abbastanza semplice, come una poesia, se posso descriverla così, che vuole rimandare alla «nuvola» (non a caso la parola che compare più spesso). Perché hai scelto la via della semplicità lessicale?"


MZ.: "Negli anni la mia poesia è cambiata. Ho avuto diverse metamorfosi, ma ho capito che la semplicità snellisce i concetti, rende fluido il corpo del testo, fa più concrete le immagini, insomma, è una caratteristica che ritengo necessaria per il mio stile. La poesia per me deve essere essenziale, deve emanare leggerezza, e come dici tu rimandare alla nuvola. I tecnicismi, il lessico esuberante non rientrano nella mia identità di scrittura".


Y.: "Come sta andando la tua esperienza con Interno Poesia?


MZ.: " La mia esperienza con Interno Poesia sta andando molto bene. Per la prima volta ho pubblicato un libro attraverso un progetto in crowdfunding: ovvero sono stati i lettori a sostenermi attraverso il loro impegno economico. Il libro è nato proprio grazie a chi ha prenotato la copia del libro in anteprima. Un traguardo inaspettato che mi ha permesso di sperimentare un nuovo modo di fare editoria. Considero Interno Poesia una realtà interessante, giovane, dinamica. Andrea Cati ha creduto nella mia scrittura e ne sono davvero contenta".


Y.: "Prima di Le parole accanto hai pubblicato tantissime altre raccolte di poesia. Cosa senti di consigliare dopo queste esperienze a chi oggi vuole scrivere (e farsi pubblicare) poesia? È meglio cominciare dalle piccole case editrici o farsi conoscere attraverso le riviste (e poi magari cercare un agente letterario per poi tentare da subito con una casa editrice di media grandezza), etc…? Quale riviste o siti letterari consiglieresti oggi?"


MZ.: "Ho pubblicato molte raccolte con diverse case editrici. A chi vuole intraprendere questo percorso consiglio sempre di non avere fretta. È meglio valutare con attenzione a chi affidare il proprio lavoro. Spesso si tende ad accettare la prima proposta che arriva: è un errore che ho fatto anch’io in passato. Alla fine pubblicare un libro è un passo importante e merita una scelta valida. Pubblicare le proprie poesie nelle riviste aiuta sicuramente a farsi conoscere ed è un passaggio essenziale. Se dovessi segnalare alcune riviste al momento citerei: Versante Ripido, Bibbia d’asfalto, Poeti nella società, Poesia, Euterpe".


Y: "Sembri sempre muoverti di qua e di là, senza mai fermarti, tra eventi, il lavoro come ambasciatrice di cultura nel mondo, la rappresentanza in Libano e le varie fondazioni di cui fai parte e/o con cui collabori attivamente. Anche questo fa parte in qualche modo dell’esserci: cioè dello stare accanto?"


MZ: "È vero, sono sempre in movimento, faccio tante cose, ma quello che mi preme non è tanto il fare, ma cercare di dare il meglio di me in ogni momento. Collaboro con diverse associazioni culturali, rappresento l’Italia in Libano per Naji Naaman Foundation e mi occupo di relazioni internazionali per Emui EuroMed University. Scrivo attivamente per Laici.it e per Periodico Italiano Magazine. Amo il mio lavoro che fortunatamente si basa sulla scrittura. Il mio essere attiva in tante situazioni spesso e volentieri mi tiene impegnata e lontana dalle persone che vorrei accanto, ma so che comunque la poesia, le parole, mi accompagnano sempre e sono fondamentali per un percorso di vita positivo".

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