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Recensione | Il cavallo rosso di Eugenio Corti


EDIZIONI ARES RISCOPRONO EUGENIO CORTI E IL SUO CAVALLO ROSSO


È ancora fresco d stampa Il Cavallo rosso di Eugenio Corti edito da Ares Edizioni in una nuova pubblicazione del capolavoro. Lo scrittore lombardo di fatto da anni sembrava non essere più presente nel panorama della editoria italiana e Il Cavallo rosso – monumentale opera, saga familiare ambientata in Lombardia a cavallo tra la seconda guerra mondiale e il dopoguerra sino agli anni settanta- pareva caduto nell’oblio. Come poteva essere accaduto che ci si dimenticasse di Eugenio Corti? Anche se può sembrare assurdo questo è accaduto, per lo scrittore lombardo come per tanti altri scrittori del novecento. Ma chi è stato Corti? - da molti ritenuto il capostipite di una certa narrativa – cattolica e paolina, come lui stesso la definiva- Corti per tanti è stato il Tolstoj del nostro novecento.


Da i russi infatti prese l’ampio respiro dei testi, le descrizioni lunghe, la prosa e il tessuto narrativo sviluppate come fossero dei melodrammi, delle sinfonie strumentali. In altre parole, in Corti alberga tutta quella cultura o modus operandi di trattare l’opera narrativa, di trattare il testo come fosse una sequenza narrativa di episodi. Detto questo, in maniera pleonastica, possiamo sostenere che lo scrittore lombardo fosse un grande teorico del pensiero cattolico e che l’intelaiatura di tale pensiero la trasmette all’interno del testo, attraverso i ruoli che destina ai personaggi, mediante la psicologia delle drammatis personae dei suoi romanzi.


Il caso de Il Cavallo rosso è un successo da milioni di copie vendute e vede la sua prima uscita nel 1983. Si tratta di un romanzo che è una saga familiare e che attraversa quasi un trentennio a cominciare dalla seconda guerra, passando per la caduta di Mussolini e la resistenza (che Eugenio Corti la vive da cattolico), sino agli anni settanta, vale a dire sino a quel periodo in cui l’Italia si industrializzò e il grande esodo verso le città portò lo spopolamento delle campagne e lo smantellamento della civiltà contadina. Ma l’esperimento del romanzo ripubblicato a distanza di quasi quarant’anni da Ares Edizioni è qualcosa che va oltre a qualsiasi aspettativa. Questa nuova pubblicazione svela, con consapevolezza critica, i retroscena che portarono lo scrittore a fare di questa monumentale storia un cantiere aperto per circa venti anni.


Corti scrisse le prime pagine nei primi anni del’60 e poi negli anni a seguire modellò, ripensò, progettò l’ossatura e stilistica e ideologica del libro. Portando avanti infatti l’idea di una saga di paese – l’ambientazione è in un piccolo paesino della allora Brianza rurale- lo scrittore cattolico riesce a ricostruire un mondo, ad animarlo, a renderlo palpitante e vero. Se da una parte nelle pagine del romanzo vi è il pensatore cattolico, dall’altra vi è lo scrittore con intenti da storico e con la meticolosità di uno storiografo riesce a parlare dei grandi e tragici episodi che videro coinvolta l’Italia in quella assurda guerra a causa di un regime che era la caricatura di se stesso. Ecco allora che molti capitoli vedono i ragazzi protagonisti nella campagna di Russia, nel freddo delle campagne del Caucaso, intenti a guerreggiare con un esercito – quello mussoliniano- caricatura delle caricature.


Tuttavia, il centro del discorso penso – parlando delle caratteristiche del libro – siano due elementi sui quali conviene soffermarci: A) la grande capacità di Corti di essere uno scrittore di stile (cosa rara, in pochi lo sono), 2) la capacità di fornire ricostruzione storiche tramite l’ausilio della prosa d’arte.


In primo luogo, partendo dal primo punto, Corti non facciamo fatica a considerarlo uno scrittore di stile e nel vero senso della parola. La prosa di Corti, sia del Cavallo sia delle altre prove narrativa, è una prosa ricercata, piena, a tratti didascalica. Corti pare utilizzare una lingua che è quella dei grandi scrittori, pare parlare quasi il fiorentino manzoniano. Nelle pagine che si susseguono de Il Cavallo rosso troviamo esempi di bella prosa, esercizi di stile di notevole richiamo. Non è difficile allo stesso tempo trovare i maestri da cui Corti ha appreso cotanta sapienza e il primo fra tutto è sicuramente Tolstoj.


La capacità di fare un evento narrativo un prototipo epico, di trasformare la storia in una grande epopea ciclopica. Altro maestro che si respira tra le sue righe è senza dubbio il suo conterraneo Manzoni, che lo scrittore brianzolo lo prende come riferimento non solo stilistico ma ideologico. Non è un caso, infatti, che il capostipite italiano dei cattolici scrittori sia Manzoni. Il Cavallo rosso è quindi un’opera epica, travolgente, per certi versi fuori misura.


In secondo luogo, Corti si traveste da storico pur restando un narratore e da cronista inizia a sceneggiare i veri accadimenti, a smascherare quello che realmente è successo. Il caso è subito servito. Nel libro uno dei ragazzi vuole farsi arruolare in Russia per spiare storicamente quello che il comunismo ha comportato. E tra la miseria, le comuni, le campagne desolate e impestate di lezzo e di paura, ecco che emerge il dato inquietante del cannibalismo. I poveri contadini morti di stenti erano costretti a mangiarsi i propri cadaveri per la lotta alla sopravvivenza. Corti, almeno per quanto concerne questo aspetto, ne Il Cavallo rosso dimostra di avere quel coraggio che ogni storico dovrebbe avere e che, invece, per vigliaccheria viene quasi mai dimostrato.


Alla fine dei salmi, Il Cavallo rosso – arricchito nella edizione di Ares Edizioni- è un’opera enciclopedica, un grande affresco dell’Italia che fu. Un romanzo oltre le aspettative che viene riproposto negli scaffali delle librerie a testimonianza di un grande prosatore.

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