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Recensione | Claudio Bagnasco e i suoi Inseguiti: il caso di una storia corale

Aggiornamento: 14 dic 2019

Il duemila e dicianove è l’anno di alcune tra le pubblicazioni più significative, come nel caso de Gli Inseguiti di Claudio Bagnasco per Capire Edizioni, nata da una collaborazione tra CartaCanta & Edizioni della Meridiana.


Non è facile oggi trovare un romanzo corale e che è capace di reggersi, nonostante la complessità della struttura, da solo e senza sbavature e compiuto con maestria. Il caso di Bagnasco a mio avviso è questo e ci consegna un grande affresco contemporaneo dove le certezze del passato non ci sono più e dove i personaggi agiscano e operano nella pura insicurezza del loro presente. Di un presente mai scontato, dove il passato non è mai interrotto e che incombe con violenza psicologica sul futuro. Mai come adesso infatti il presente diventa decisivo per sbrogliare le sorti e i destini di tutti noi, come nel romanzo in cui i protagonisti si trovano a vivere un oggi che non lascia via di uscita; un presente spietato e fuori da ogni portata umana.


Il romanzo è appunto corale e, a mio avviso, cerca di riagganciarsi a quella che è stata la grande stagione della narrativa d’arte: quel tempo di possibilità e di successi stilistici che Calvino passa per Moravia sino a Gadda e oltre. E ci riesce. La riuscita è quindi dovuta a due aspetti fondamentali; due ingredienti indispensabili: la coscienza a livello di contenuto del proprio tempo e la consapevolezza del saper tradurre una certa mancanza storica.

Una consapevolezza che non sempre si trova in narrativa e che è invece portante per reggere la struttura: la natura, lo stato delle cose, l’essenza dei contesti debbono infatti essere tradotti attraverso una estetica ad hoc. Ecco allora che il caso di Bagnasco segue questo andamento e lo porta sino in fondo a compimento.


In secondo luogo, altro aspetto decisamente autorevole, mai autoreferenziale e che invece arricchisce l’operazione da parte dello scrittore è la scelta di un romanzo corale. Un romanzo che oggi sta a cavallo tra la grande tradizione e il romanzo di formazione. Si tratta di un romanzo che prende coscienza del proprio tempo, che mette in primo piano gli antieroi, la vita quotidiana di ciascuno di noi e in cui il lettore, senza tanti preamboli, si trova a compartecipare alla storia quasi diventandone il coautore.


Questa è la grandezza di un romanzo corale, questa è la forza di un romanzo di formazione. Una storia, una scelta (forse obbligata per catturare meglio l’essenza delle cose) sempre vincente e mai banale. E la non banalità sta nel fatto che renda partecipe il lettore, tanto che chi legge non è mai costretto a subire la storia passivamente, ma con essa interagisce; quasi la porta a compimento dato dal fatto che lo scrittore, generoso, ha lasciato delle feritoie aperte per congiungersi all'altro e avviare un lavoro di cooperazione.


Altro a spingermi oltre non vado, non credo sia opportuno o deontologico spifferare tutto a cominciare dai nomi dei protagonisti e la dinamica del romanzo. Dico quindi, a conclusione di questa breve nota, che il romanzo in sé è sicuramente una delle pubblicazioni migliori del nuovo anno e che Bagnasco è uno scrittore di classe; un autore che riesce a trasmettere fuori da ogni preconfezionamento stilistico ed etico.

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