Eccoti. Ci risei. Lo sapevi, era inevitabile. È inevitabile, ti chiedi quand’è che hai deciso di dirigerti lì, proprio lì dove probabilmente ti saresti trovato anche se non avessi voluto. Per fortuna gli unici che ti hanno ascoltato sono gli unici che potevano condurti verso l’unica meta che volevi davvero raggiungere, e adesso si impuntano perché tu vada fino in fondo. E mentre ti guardi intorno, guardingo e incerto su cosa stessi facendo e perché, senza che tu lo sappia ringrazi i tuoi piedi per aver deragliato dagli inflessibili binari delle responsabilità.
Oppure non sono stati i tuoi piedi, e non è nemmeno vero che eri solo di passaggio. No, la tua è stata una scelta e la rivendichi con una certa soddisfazione, lo si vede da come indossi orgogliosamente una maglietta dal colore decisamente troppo sgargiante perché si possa dire che tu stia tornando dal lavoro (ti sta bene sai? Non so che tipo sei, ma se preferisci – in ossequio alla modernità – la chiameremo t-shirt*)
*Bella eh? Non è mia, devi saperlo, se non altro perché ti chiedi come tutto questo abbia a che fare col post su cui hai appena cliccato, con un titolo dall’irreprensibile chiarezza, dalla rassicurante concisione delle cose che sono esattamente quelle che pretendono di essere, senza orpelli e ipocrisia. Controlla pure, ma la pagina è giusta, nessun errore. L’insospettabile link ti ha teso un’imboscata, e un po’ ce l’hai con me che ti faccio apparire ingenuo e non sai dove voglia andare a parare. Sei tentato di punirmi con un bell’OFF e l’oblio. Ma ogni testo è un tranello, e tutto sommato caderci non è così male; e se tu sei un po’ ingenuo, io sono una plagiatrice. Siamo pari, che ne dici?
Non importa, sei ancora lì, la vetrina della libreria doppia la tua appariscenza, le porte automatiche si aprono davanti a te ed è il segno che ormai non puoi più tirarti indietro, ci sei dentro, e in realtà non vedevi l’ora. La luce al neon ti si spara in faccia, per riflesso ti porti la mano sugli occhi, stringi le palpebre per scrutare tra le dita e gli scaffali sono un caleidoscopio stroboscopico che danza davanti a te. Aspetti un attimo, l’olfatto approfitta della ritirata, perciò ti riempi i polmoni di quell’odore-di-carta-appena-stampata-che-dio-solo-sa-perché-adorate-tutti.
Fai qualche passo esitante e, non appena ti rendi conto che la lotta intestina è stata sedata, piano piano riapri gli occhi. Ti aggiri tra i settori, non sai da dove cominciare, ogni tanto incappi in qualche fanatico di quella sopraccitata e più che discutibile ambrosia, e noti che ha attirato proseliti. Le loro narici dilatate ti infastidiscono e ti tieni lontano da tutti gli idoli che potrebbero essere entrati nel loro raggio.
Finisci nel reparto graphic novel, non sai esattamente come. Passi in rassegna gli albi ristampati, le edizioni limitate, le novità e a quel punto ti cade l’occhio su quella che di primo acchito ti pare un’anomalia. Un nome troppo noto, di calibro enorme ti si para davanti, e ti domandi che ci faccia lì. Raccogli il libro dal ripiano, con delicatezza riverente.
Il tuo sguardo è catturato dalla magnetica e sinuosa grafia di una penna inconfondibile. G. Doré. Non puoi fare a meno di pensare alla Commedia, al Paradise Lost e a tutti capolavori da lui illustrati. Un po’ ti dispiace, non sai se considerarlo un trionfo per Doré, oppure una trappola postuma per il suo acrobatico estro, un po’ com’è stato per Kundera L’insostenibile leggerezza dell’essere o Il grande Gatsby per Fitzgerald. Una volta qualcuno ti ha detto che Doré era autodidatta. Tu non ci hai voluto credere. Avresti fatto meglio a non indagare, ti sei scurito per tutto il giorno quando hai scoperto che esordì a soli 15 anni.
Osservi la firma ancora invaghito, ma a interrompere la rêverie interviene un titolo dal font vagamente futuristico. Ti sembra un po’ anacronistico (vacci piano), o semplicemente un po’ strano, come pure strano ti sembra trovare quest’oscuro oggetto del desiderio in una sezione così fuori contesto. Storia drammatica, pittoresca e caricaturale della Santa Russia. Per comodità la chiameremo la Santa Russia, a meno che tu non nutra velleità apneistiche. Mai sentita. Possibile? Già, è possibile, sì, perché quest’opera in Italia è uscita soltanto nel 1980, peraltro in un’edizione unica e incompleta. È stata però recuperata da Eris edizioni che l’ha restaurata nella sua versione integrale, realizzando un’edizione che include anche le 13 tavole finali e un’appendice di testi critici per inquadrare l’opera e il lavoro dell’autore. Lo so perché ora lo sai tu, che ti sei messo a sfogliare e ti sei imbattuto nell’opuscolo all’interno.
Sei entusiasta, quasi commosso, sbirci tra le pagine senza osare aprire troppo, per non rovinare la costa. Lasciare un’opera di Gustave Doré pressoché sconosciuta in balia del caso, impubblicata o quasi. Non te lo sai proprio spiegare. Beh, c’è da dire che a suo tempo, la Santa Russia fu oggetto di censura, perché con la Guerra in Crimea la Francia di Napoleone III aveva adottato una politica di distensione con l’impero zarista. Non guardarmi così, guarda che un po’ dovresti sapere di che parlo, c’eravamo anche noi sul campo di battaglia. Forse non te ne ricordi perché siamo rimasti per tutto il conflitto con lo stesso schieramento. Ma d’altronde, a dirla tutta non eravamo neanche noi.
Alzi il sopracciglio e stabilisci che in fondo puoi anche ignorarmi, perché fin dalla prima tavola ti è chiaro che la Guerra di Crimea – senza dubbio motivo di esaltazione per lo spirito bellico di Doré – non è nient’altro che il pretesto, e non te la sentiresti di ricondurre quest’opera all’arida letteratura patriottarda e revanscista francese di metà Ottocento, nemmeno se la conoscessi sul serio.
Doré ripercorre un’ipotetica storia della Russia fino all’atteso scontro del 1853 contro la coalizione costituita dall’Impero Ottomano, la Francia, il Regno Unito e lo Stato Sabaudo. Mentre scorri un po’ velocemente per farti un’idea complessiva di quello che molto probabilmente sarà il tuo prossimo acquisto (o che vorresti tanto che lo fosse), ti accorgi che verso la fine della Santa Russia, all’altezza dell’argomento che ne ha motivato la realizzazione, il racconto si fa verboso. Pagine fittissime in cui l’immagine si fa a margine e al centro del proscenio si impone la narrazione delle cause che portarono al conflitto. Ma ti accorgi anche che non è questo il punto.
Lo capisci – anche se per ora non puoi capirlo sul serio – già dalla straordinaria composizione delle tavole, dalla compresenza di tecniche e di registri disparatissimi tenuti insieme da un’orchestrazione straordinaria: illustrazioni infantili, caricature, disegni accademici e macchie colorate. E capisci anche che, in effetti, la collocazione della Santa Russia nel reparto graphic novel è incredibilmente appropriata, perché ti trovi davanti a quello che ha tutto l’aspetto di un fumetto, anche se intuisci che forse si tratta di qualcosa di più. Ma ti ritorna in mente quell’esordio così precoce, e non ti stupisce che Doré abbia rivoluzionato ciò che ancora non esisteva.
Non ti serve altro, la mano che regge il libro ti trema un po’, l’altra va in automatico alla tasca dove tieni il portafogli. Sei pronto a dirigerti alla cassa e sai che è arrivato il fatidico momento di girare il volume e spingere il tuo sguardo fino a quell’infame angolino sinistro che dovrà sottoscrivere la tua decisione.
Riposi in fretta il libro, ti giri di scatto ma poi allunghi velocemente il braccio perché ti sei accorto che l’hai lasciato in bilico e per poco non cadeva a terra. Acceleri a mani vuote verso l’uscita, speri che le persone attorno a te riescano a udire le invettive che proliferano nella tua testa. Contro l’editoria italiana e la sua deriva consumistica che sta per di più diventando esclusiva, contro il sistema capitalistico e tutto ciò che ne consegue, contro l’ipocrita filantropia della classe intellettuale che di fondo resta elitaria e che gli squattrinati come te – che forse troppo squattrinato non sei – nel suo Parnaso commercialmente competitivo non accedono mica. Però poi ti senti in colpa, immagini che cosa penserebbe di te Doré se ti vedesse attonito e seccato con la maglietta sgargiante per cui forse hai sborsato gli stessi soldi (se non di più), una t-shirt che sul riflesso le porte automatiche si rivela in fondo per quella che è, un po’ pacchiana, e nessun perentorio coccodrillino potrà davvero convincerti del contrario.
Torni indietro desolato, quando sei di nuovo di fronte allo scaffale per pudore abbassi lo sguardo. Ti riavvicini a quell’opera e con un certo languore sfiori la sua superficie come per assicurarle che c’è stato un equivoco, e che non avresti mai potuto abbandonarla. Sei pronto a tentare un ricorso con quel piccolo tiranno triangolare, ma nel farlo rovesci il volume che si apre proprio all’ultimissima pagina e ti imbatti in un fatto assai curioso:
Sei tentato di interpretarlo come un affronto, come un insulto alla tua intelligenza. Ma pensaci un attimo. Se quell’avvertenza è lì, significa che qualcuno sa che cosa provi e che c’è chi ti dovrebbe delle spiegazioni. Ma ti sta chiedendo di credergli se ti dice che tu gli stai a cuore e che non ti farebbe mai spendere più di quanto non sia necessario per svolgere il suo lavoro nella maniera più trasparente e professionale possibile. Perché lo sa quanto sia dura la vita del lettore, dell’inguaribile romantico, dell’infaticabile idealista, dell’oggetto d’arte che stai stringendo tra le mani, e di tutte le persone che hanno contribuito a far sì che questo avvenisse.
A questo punto ti aspetti che ti dica ancora qualcosa per confermarti che stai facendo la scelta giusta. Ma Gustave Doré era un genio e non serve un genio per capire che anche questa sua opera è di singolare genialità.
Potrei dirti perché quest’opera costituisce un “fumetto prima del fumetto”. Come hai visto, tutto il
meccanismo satirico di Doré si fonda sull’inestricabile sinergia di testo e immagine, che non sono semplicemente l’una la traduzione dell’altra, ma si smentiscono ironicamente (d’altronde εἴρων è chi dice il contrario di quello che pensa) e intessono una narrazione di avvincente umorismo che altrimenti risulterebbe incomprensibile.
Potrei parlarti del fatto che il tema del potere è centrale e sbeffeggiato, e che investe qualunque tipo di autorità, persino quella dell’autore. Doré, con la sua pirotecnica comicità, non risparmia neanche sé stesso: bistrattato dalle immaginarie fonti a cui attinge e dalla scabrosità di certi passaggi, ricorre a brillanti soluzioni metanarrative e a tafferugli digressivi col suo editore e con la propria matita prosopopeata.
E per dipiù potrei azzardare un’osservazione su certe tavole in cui Doré sembra anticipare di un secolo certi espedienti tipici del montaggio cinematografico (con raccordi sull’asse e campi-controcampi), come se avesse già la premonizione che sarà ripreso moltissimo dai cineasti, a partire da George Méliès per Le voyage dans la lune.
Ma sono tutte cose che potresti leggere altrove, sul retro del libro, o in postfazione, o sulla n rivista online di approfondimento culturale, sul blog specializzato in graphic novel e gestito da cultori dallo scilinguagnolo forbito che un po’ ti intimidisce.
E perché no, cose che tutto sommato potresti anche capire da solo e non vedi perché qualcuno ti debba negare questo piacere.
Ma questa storia – bella o brutta che sia – è tua, mia, di Eris Edizioni, ed è solo l’inizio.
Federica Ruggiero
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ISBN: 9788898644544
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